Di seguito, ampi stralci dell’appello a sostegno della lotta della fabbrica greca autogestita Viome, promosso dall’assemblea dei lavoratori (segnalato alla redazione di Comune da Theodoros Karyotis, sociologo, partecipa ai movimenti sociali che promuovono una economia solidale autogestita e che difendono i beni comuni in Grecia). La Vio.me è nota in tutto il mondo non solo per essere stata occupata dai lavoratori dopo l’abbandono dei proprietari ma anche per aver riconvertito la produzione di ceramiche chimiche a saponi e detersivi ecologici. Qui invece Viome Resolution, un documento da firmare inviare a protbiometal@gmail.com e all’ambasciata o il consolato più vicino greco. Nei prossimi giorni saranno promosse azioni dirette di solidarietà internazionale con la fabbrica, presso le ambasciate greche in tutto il mondo, ma anche incontri e videoproiezioni (in particolare del documentario di Dario Azzellini e Oliver Ressler, il terzo di una serie di brevi documentari sulle fabbriche autogestite d’Europa, dopo quelli su Ri-maflow e Officine zero).
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“Da quattro anni lottiamo per la nostra vita e la dignità…”, scrivono i lavoratori della Vio.me. Intorno alla fabbrica si è creata una grande rete di solidarietà territoriale e globale. La comunità locale , in particolare, “supporta il nostro sforzo di gestire la fabbrica…”. Tra le forze politiche che hanno sostenuto la lotta della fabbrica “c’è stata anche Syriza, attraverso dichiarazioni e impegni per una soluzione immediata del problema…, da parte l’attuale primo ministro. Naturalmente, dopo che Syriza è salita al potere, le dichiarazioni e gli impegni sono diventati sempre più vaghi. La determinazione che hanno dimostrato quando erano in opposizione è stata sostituita dalla timidezza…”. Insomma, quello che è stato precedentemente concordato con i lavoratori è stato di fatto dimenticato. “Dopo otto mesi di governo hanno abbandonato la lotta di Viome nelle insidie del sistema giudiziario…”, quel sistema che ha contribuito non poco a devastare la società greca negli ultimi anni. Secondo i giudici, denunciano i lavoratori, “non abbiamo il diritto legittimo di chiedere i soldi dovuti dai nostri ex datori di lavoro…”. E, naturalmente, gli stessi giudici non hanno preso alcun provvedimento per favorire la ripresa del funzionamento della fabbrica, per questo “noi lavoratori abbiamo deciso di restare…”.
Ora il tribunale ha deciso di mettere all’asta – giovedi 26 novembre e per tre giovedì consecutivi – i beni della fabbrica autogestita. Se non sarà trovato alcun acquirente interessato, i giudici continueranno con il processo fino a raggiungere la vendita della terra dove c’è lo stabilimento, dunque i lavoratori saranno presto sfrattati. “Questa terra è composta da quattordici lotti separati, alcuni dei quali sono stati donati direttamente o indirettamente dal governo greco all’ex proprietario della fabbrica abbandonata Phillipou – ricordano quelli della Vio.me – nel riconoscimento del ‘contributo sociale’ della creazione di occupazione. Saranno messi all’asta per soddisfare i creditori (l’Agenzia delle Entrate, le assicurazioni, gli ex lavoratori, le banche e i fornitori)…”.
I locali autogestiti al momento riguardano soltanto una piccola parte della superficie totale (circa un settimo), e l’area potrebbe essere facilmente separata dal resto della tenuta di proprietà Philkeram. Ma i lavoratori non sono mai stati neanche menzionati nella procedura fallimentare. “Il sistema giudiziario ancora una volta difende le forze del capitale… contro gli operai. E, naturalmente, lo Stato non è in grado di reggere la sfida…”.
“Per questo motivo, noi, i lavoratori di Vio.me, invitiamo tutti coloro che ci sono stati accanto in questi mesi a:
– essere presenti giovedi 26 novembre all’asta della terra, per interrompere il loro piano con cui vogliono sfrattare noi di Vio.me…
– sostenere ogni sforzo dei lavoratori per rendere la forza di produzione della fabbrica autogestita sempre più autonoma…
– stare accanto a noi, in modo che tutti insieme possiamo affermare che esiste una soluzione al di là dei consigli degli “esperti”: questa volta, la soluzione è di coloro che sono direttamente coinvolti nella lotta…”.
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